Si leggono con molta frequenza sia sulla stampa sia su
internet interventi di esponenti della società civile sulla problematica delle
prestazioni sanitarie.
Spesso questi interventi fanno notare le deficienti
risposte sanitarie in termini di tempi di attesa, lamentando la farraginosità
della burocrazia e la lentezza nell’esaudimento della richiesta.
E’ la ben nota percezione immediata del soddisfacimento
dei bisogni essenziali: “mi sento male e voglio subito una risposta al mio
problema, se non è così, allora si può morire!".
Che cosa percepisce immediatamente un paziente ricoverato
in un reparto ospedaliero? La professionalità del personale medico e non
medico? Fateci caso, non è proprio così: le prime cose che sono valutate sono
la presenza della carta igienica nel bagno, la pulizia delle lenzuola e della
stanza, la qualità del cibo, la bottiglia di acqua minerale, subito dopo la
gentilezza e disponibilità del personale medico e non medico e alla fine la
professionalità. La scelta iniziale, prima del ricovero, se non urgente,
ovviamente è stata fatta su consiglio del Medico di famiglia o del passaparola
sulla competenza dei medici del reparto.
Che cosa percepisce un cittadino quando telefonando al
CUP o recandosi di persona nei vari punti di prenotazione si sente rispondere:
"la prestazione potrà essere eseguita tra sei mesi"?
La prima sensazione che avverte è: "mi stanno
prendendo in giro", poi "se ci vado a pagamento, sicuramente, mi
visiteranno domani", poi "ma non è un mio diritto ricevere una visita
al più presto, pagando solo il ticket?". Alla fine esplode la rabbia
espressa o inespressa, diventando in quest’ultimo caso insoddisfazione.
Sono questi dei problemi sorti oggi?
Macché, sono problemi di cui si parla e straparla da
decenni. Purtroppo la soluzione non risiede sui tavoli delle realtà sanitarie
locali, bensì a livello regionale e, per alcuni aspetti, a livello nazionale.
La riforma sanitaria scritta dall’Assessore Russo su
consiglio di alcuni ex manager della sanità catanese ha mostrato i suoi lati
deboli (ampiamente preconizzati già in fase di approvazione da parte
dell’assemblea regionale) proprio nel voler mettere assieme, in un unico
recipiente, l’assistenza ospedaliera e l’assistenza territoriale con la
convinzione (errata) di poter gestire meglio la domanda sanitaria nella sua
globalità. Che cosa è avvenuto? L’offerta sanitaria territoriale, che avrebbe
dovuto soddisfare la domanda di prestazioni elementari, non è stata
adeguatamente potenziata, mentre l’offerta sanitaria ospedaliera è stata
ridimensionata con il taglio di risorse umane e logistiche, con il paradosso
che la domanda di prestazioni elementari ha continuato a indirizzarsi verso
ospedali depauperati, creando sovraccarichi, disfunzioni e malumori.
A mio parere, il governo che uscirà dalle urne a fine
ottobre dovrà rimettere mano alla riforma di Russo, rimodellandola dopo la
fallimentare esperienza di questi tre anni, pena il successivo divario tra la
sanità siciliana e quella delle regioni del centro nord.
La tanto decantata ‘spending review’ (o rivisitazione dei
costi) potrà essere applicata anche nella sanità siciliana: non dovranno, però,
essere gli interessi politici o (peggio ancora) personali i riferimenti per
ridisegnare un servizio sanitario regionale che tenga conto dei reali bisogni
della collettività.
-segue-
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